
Non credo di avere letto male: qualche giorno fa alcuni quotidiani riportavano la notizia secondo la quale Marco Ahmetovic, il giovane rom che ubriaco fradicio alla guida del suo furgone uccise nell’aprile scorso quattro ragazzi nelle Marche, sarebbe diventato testimonial di una marca di jeans e starebbe per diventarlo di un’altra di occhiali.
Riassumendo, un condannato in primo grado a ben (?) sei anni e mezzo di reclusione per omicidio colposo (il PM ne aveva chiesti solo 4), sta scontando la pena agli arresti domiciliari in un residence di San Benedetto del Tronto.
Riassumendo, un condannato in primo grado a ben (?) sei anni e mezzo di reclusione per omicidio colposo (il PM ne aveva chiesti solo 4), sta scontando la pena agli arresti domiciliari in un residence di San Benedetto del Tronto.
Diventa così una macchina da soldi, visto che ci sono ditte pronte ad investire migliaia di euro sulla sua figura. Sembra anche e starebbe anche scrivendo un libro dal titolo “Anch’io sono un essere umano “ (qualcuno dice che lo ha già fatto, ma mi piacerebbe sapere come si scrive un libro in pochi giorni).
Il messaggio che si legge è molto più inquietante di tutti i giudizi che si possono trarre su questa storia:
un giovane che fa qualcosa di drammaticamente grave diventa interessante agli occhi di altri giovani.
Chi andrà a comperare i pantaloni"Romjeans" (sembra che si chiameranno proprio così), o gli occhiali o il libro? Se ditte versano fior di soldi per avere Marco Ahmetovic come testimonial, sanno (con poco margine di rischio) quello che fanno.
Il problema è quindi non solo interrogarci sulla certezza della pena, sul fatto se 6 anni di carcere siano pochi o tanti, il come mandare a casa i “rom” ecc., ma come impattano queste tristi storie sui nostri giovani, creando in una parte di loro una sorta di ammirazione solidale segreta.
Questo non è l’unico caso di esaltazione: se non l’avete riconosciuta, nella foto è riportata Erika De Nardo, italiana, che nel 2001 a Novi Ligure massacrò, insieme al fidanzato Omar, la madre e il fratellino in un modo molto crudele. La ragazza, oggi 23enne, è stata ritratta in queste fotografie mentre gioca fuori dal carcere una partita a pallavolo. Tutto legale, tutto nel rispetto della legge: infatti la ragazza ha ottenuto il permesso di uscire dal carcere insieme ad altri detenuti per partecipare ad una partita nell’oratorio di Buffalora, una frazione di Brescia.
Erika in carcere riceveva lettere di ammiratori ….
Chi andrà a comperare i pantaloni"Romjeans" (sembra che si chiameranno proprio così), o gli occhiali o il libro? Se ditte versano fior di soldi per avere Marco Ahmetovic come testimonial, sanno (con poco margine di rischio) quello che fanno.
Il problema è quindi non solo interrogarci sulla certezza della pena, sul fatto se 6 anni di carcere siano pochi o tanti, il come mandare a casa i “rom” ecc., ma come impattano queste tristi storie sui nostri giovani, creando in una parte di loro una sorta di ammirazione solidale segreta.
Questo non è l’unico caso di esaltazione: se non l’avete riconosciuta, nella foto è riportata Erika De Nardo, italiana, che nel 2001 a Novi Ligure massacrò, insieme al fidanzato Omar, la madre e il fratellino in un modo molto crudele. La ragazza, oggi 23enne, è stata ritratta in queste fotografie mentre gioca fuori dal carcere una partita a pallavolo. Tutto legale, tutto nel rispetto della legge: infatti la ragazza ha ottenuto il permesso di uscire dal carcere insieme ad altri detenuti per partecipare ad una partita nell’oratorio di Buffalora, una frazione di Brescia.
Erika in carcere riceveva lettere di ammiratori ….
3 commenti:
è effettivamente RIVOLTANTE.
Quasi quanto "le due Simone".
concordo pienamente con lei assessore, oggi i giovani hanno strani modelli di riferimento..pensi che addirittura c'è chi ritiene Carlo
Giuliani (quello che insieme ad altri facinorosi aveva aggredito una camionetta dei carabinieri durante il G8 di Genova) un eroe nazionale al quale nominare addirittura un'aula del Parlamento...
Concordo con l'assessore.
A.B.
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