Queste strutture possono essere di due tipi:
- "residenziale", ossia una vera e propria "nuova casa", nella quale i ragazzi vivono la loro giornata, mangiano e dormono lontano dai propri genitori;
- "semiresidenziale", ossia una struttura che segue la vita quotidiana del ragazzo (scuola, studio, pranzo, ecc.) che alla sera se ne torna a casa, in Famiglia.
Nel mio lavoro di consulente nel Terzo Settore, ho avuto modo di lavorare per importanti Comunità Residenziale di Accoglienza per minori, che si prefiggono di assicurare all'adolescente un’adeguata risposta ai suoi bisogni affettivi e di cura, a provvedere al suo mantenimento, all’educazione e all’istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori (se ancora esercenti la potestà) o del tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dalle autorità e dai servizi affidanti.
Una cosa mi colpisce però: i ragazzi, pur essendo accolti con vero interesse e con i giusti comfort, non sorridono quasi mai. Devono affrontare almeno due traumi: il primo quando entrano nel Centro e si trovano assieme ad altri propri coetanei nella loro situazione. Il secondo quando termina il periodo di accoglienza (che può durare anni), quando le relazioni affettive che si sono create devono essere interrotte, talvolta troncate.
C'è una domanda che mi sta rodendo da tempo: ma perchè vengono allontanati dalla loro casa i ragazzi se sono i genitori che hanno problemi di tutela dei figli ? Non si potrebbe pensare ad una sorta di Comunità per i genitori con problemi e cercare di fare stare il ragazzo, quando possibile, nella propria Famiglia (es. seguito dai nonni, zii, ecc.).
Ho trovato accordo su questa domanda ma l'attuazione è complessa: è più semplice allontanare i ragazzi e sperare che i genitori si affidino spontaneamente ai Servizi Sociali, che investono risorse e persone veramente preparate in progetti che purtroppo non sempre danno i risultati sperati.
Come diceva qualcuno : non capisco ma mi adeguo .....
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